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martedì 14 giugno 2016

Porto, ti porto nel cuore

Ho lasciato questa città ieri notte.  Per chi si domandi di quale città sto parlando - sta scritto nel titolo, la ripetizione non era un refuso.
Sette giorni a Porto sono forse troppi per i viaggiatori distratti che si accontentano di scattare foto alle bellezze barocche ricoperte di azulejos, ma non lo sono affatto per chi ama immergersi nella profondità, nell'anima in questo caso passionale e focosa, calda e accogliente, di questa antiga, mui nobre, sempre leale e invicta citade do Porto, come per definizione storica.
Il mio arrivo però non mi ha fatto presagire nulla di ciò. Sono sbarcato di sera all'aeroporto, e la metro mi ha condotto fino a Bolhao. La Rua Santa Catarina mi ha portato dritto in Praca do Baralha, la fastosa cornice di un paese scivolato verso un inarrestabile declino. Alle undici di notte, in mezzo alla piazza c'è un'ente di onesti volontari che distribuisce i pasti ai poveri e ai barboni. Inoltre, il tratto fra Rua Santa Catarina e Praca do Baralha era pieno di sacchi dei rifiuti buttati lì, dove capitava, sui marciapiedi. In mezzo a spazzatura, barboni e figure derelitte d'ogni tipo ho pensato proprio che Porto non fosse altro che una versione meglio decorata di Bruxelles, una Bruxelles rivestita di azulejos. Nei giorni seguenti ho potuto rivedere e ampliare tale opinione, un po' grazie a una visita guidata e un po' muovendomi a caso per le stradine e i cunicoli. Non poteva esser solo quello, certo: la città deve in qualche modo render conto del suo pretenzioso titolo, città invicta, mui nobre etcetera.
La storia della città si scopre insieme alla storia stessa del Portogallo. Di questa ci ha parlato Pedro, la guida che ci ha portati in giro per un'intera mattina (il free guided walking tour che si prenota, dal sito www.portowalkers.pt, è very very recommended :) ).
La vecchia storia portoghese, nelle sue tappe significative, è raffigurata nei bei dipinti all'interno della stazione ferroviaria, e di fatto la scoperta della città non può che partire da lì.
La storia è pressappoco la seguente. (C'è un po' di vaghezza e scarsità di dettagli, ma questo è ciò che accade quando i post si scrivono a distanza di tempo dall'esperienza che si vuol raccontare). Insomma, dicevo, la storia è questa: c'era il re di Castiglia e Leon che lottava contro gli arabi, che all'epoca avevano occupato la penisola iberica. Il Pedro che è poi ricordato come primo re del Portogallo era un prode signore, che accolse con entusiasmo l'incentivo che gli fu offerto: fai piazza pulita, e la terra che ti riesce liberare è tua di diritto.  Rifacendosi da nord, l'implacabile conquistatore arrivò fino in fondo alla penisola, e con ciò si definirono i confini del Portogallo - che sono rimasti gli stessi fino ad oggi. Il paese ha prosperato nei secoli grazie alle velleità marittime dei suoi governatori. Il re (Enrico?) il Navigatore sarebbe andato un po' ovunque, ma purtroppo in Canada ci arrivò in inverno, qui trovò il ghiaccio, e la paura di esser arrivato ai confini del mondo, col conseguente rischio di cadere fuori dalla terra piatta, lo fece tornare indietro. Ci sono stati poi dei problemi coi francesi, che li hanno invasi. Rapporti migliori con gli inglesi, che li hanno omaggiati con le cabine telefoniche rosse (ora inutili, ma ci sono). La modernizzazione del paese passa attraverso una lunga serie di scontri con la Chiesa: la stessa stazione dei treni fu costruita dove sorgeva un convento, e per non dover buttar fuori le monache si dovette attendere che l'ultima morisse di vecchiaia. Sulla francesinha probabilmente scriverò un post apposta (come suona bene, mi piacciono le allitterazioni).
"How do you recognize a portuguese?" ci ha chiesto la guida. E pure ci ha dato la risposta. "From the moustache. Regardless of the gender".
Eppure gli aneddoti non bastano a spiegare Porto. La metafisica di questa città è probabilmente la stessa metafisica di Lisbona, il loro comun denominatore è l'essere su continui dislivelli, le strade salgono e scendono ma mai restano piane, garantendo una presenza impressionante di scorci d'ampia visuale, scenari per foto da turista o da semplice esteta di città. Non ci si annoia, ma ci si può stancare. Le donne non portano i tacchi, è impossibile a Porto come a Lisbona. La sua metafisica, forse la sua essenza, sta in una sintesi fra il suo heideggeriano essere-per-il mondo-in-costante-degrado, la saudade del suo popolo (che, credo, sia un ibrido senso di insoddisfazione esistenziale conseguente alla percezione del sé caduco di fronte al fluire costante del tempo e della grande storia, di uggia per il caldo, e del rimpianto di un amor perduto col conseguente lamento che è ritualizzato nel fado, impetrando ed elevando lo stesso sentimento di saudade a livello popolare e nazionale, fino a farne la forma più viva della sua umanità. Il fado celebra il destino delle sofferenze di quest'anima focosa e soffocata, e l'ascolto del canto di Amalia Rodrigues vale più di ogni argomentazione.
O Fado nasceu um dia,
quando o vento mal bulia
e o cu o mar prolongava,
na amurada dum veleiro,
no peito dum marinheiro
que, estando triste, cantava...


Marzio Valdambrini © RIPRODUZIONE RISERVATA



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