Cologno Monzese. Mi sveglio e sono su una brandina.
Non
so perché, ma qualcosa, al risveglio, mi ha fatto ricordare che avevo
(e ho ancora) un blog. Del quale mi ero pressoché dimenticato. Ci entro,
fatico a ricordare la password, e puf ! alla fine, eccomi qui.
Noto
che l'ultimo post è datato dicembre 2016. Dio, il tempo è volato. Che
ho fatto in questi mesi? Mi sono sbattuto per il cortometraggio, che è
pressoché finito ma sembra non voler finire. Ho intrapreso l'avventura
dal molto incerto esito nel mondo della sceneggiatura
televisiva (avventura che, per ora, è ferma alla definizione dei preliminari con cui si pensa di partire). Sono tornato a Odessa (quarta o quinta volta), per una breve
durata, che mi ha messo davanti ad alcune imprescindibili verità:
l'uomo ama. L'uomo vive di amore, non solo di progetti per il futuro.
E
ora, che aspetto di fare il doppiaggio di una scena del mio
cortometraggio (e questo è il vero e unico motivo per cui sono finito
ora a Cologno Monzese) sto davanti allo schermo piccolo e un po' sudicio
del netbook, davanti al blog, e penso: che ci scrivo di nuovo?
Di
nuovo non ho mica nulla. Finiamo qui allora. Sono le 9,50. L'ora di
riprendere in mano la propria vita, di riassumerne le redini, come
un'auriga stoico dell'antica Grecia che decide di sovvertire il rapporto
col Fato, senza però subirne le conseguenze. No, no, questo è troppo.
Mi limito a guardare siti internet che parlano di cose insulse,
simpatiche cazzate, in attesa di fare il doppiaggio.
Per gli appuntamenti importanti e per i ritardi con gli appuntamenti importanti c'è sempre tempo.
Una foto, qui, oggi non ce la metto.Marzio Valdambrini © RIPRODUZIONE RISERVATA
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