Le contingenze della vita (e pure le necessità, a dire il vero, nel caso si riescano mai a distinguere dalle prime) mi hanno impedito di scrivere posts sul blog per un bel lasso di tempo. In sostanza, non è che siano accadute cose significative... Nulla insomma che meriti un aggiornamento qui della mia situazione esistenziale. Vorrei dunque cogliere l'occasione (prima che la biblioteca dei Bottini dell'Olio chiuda) per congiungere due momenti diversi, che sono intercorsi a breve distanza di tempo l'uno dall'altro. Nello specifico, si tratta di un pensiero che m'è comparso ieri sera e un altro, ch'è fatto di immagini e sensazioni e non di parole, che ho vissuto una quarantina di minuti fa.
L'altra sera stavo tornando a casa, e mi è gorgogliato in testa un discorso che sentii dire da qualcuno. Non so bene se si tratta delle parole del maestro Gurdjeff, secondo il quale la morte per l'uomo civile rappresenta un grande enigma, ed è incomprensibile nella stessa e identica misura in cui la vita è incomprensibile. Si tratta sempre della difficoltà di dare un senso alle cose. Attraverso la concentrazione, e la focalizzazione dell'attenzione sulla fiamma di una candela sono riuscito a togliermi l'affanno di tanti pensieri estranei; purtroppo, devo dire che riguardo all'auto-osservazione sono ancora troppo deficitario. Capisco i miei difetti, ma non riesco a intervenire con efficacia (e forse con sufficiente decisione) per porci rimedio. Ma il lavoro che faccio su di me, almeno, mi porta come risultato il trovare risposta a certi interrogativi. Adesso non posso ancora dare una risposta a ogni domanda, non sono capace di dare il senso a tutto, ma certo posso dare il senso e comprendere il significato di esperienze e cose che un tempo vivevo e accettavo passivamente, senza ragionarci sensibilmente e perciò senza neppure riconoscerne il senso.
Il secondo momento che vi collego diacronicamente è quello sperimentato oggi pomeriggio, passate le 18, quando sono uscito di casa per venire a Livorno. C'era un cielo limpido, con un sole radioso che faceva sembrare questo giorno come un pomeriggio d'estate. Venendo fin qua in motorino ho sentito l'aria fresca, la brezza che arriva da qualche parte e che solleva il salmastro della marina. Lasciato il motorino vicino alla Bodeguita, il giorno era talmente bello che ho deciso di fermarmi in un bar, per prendere un budino di riso (c'era scritto che era al semolino, ma a me sembrava fosse riso). Senza affannarmi per il domani, l'oggi e lo ieri, e con tutte le preoccupazioni che questi momenti effimeri si portano dietro (perché si tratta realmente di momenti effimeri: siamo inseriti in un flusso di novità continua, che non possiamo fermare e che giustamente non si lascia interrompere) ho gustato dunque quel budino, dopodiché ho ordinato un cappuccino bello schiumoso. Ho sfogliato il quotidiano, e ho provato ribrezzo per un fatto di cronaca particolarmente cruento. Senza farmene carico, sono uscito e ho rivisto il cielo al tramonto. L'aria aveva lo stesso profumo, il silenzio era ancora poetico, pur con tutto quel che nel mondo accade... Ogni momento dovrebbe esser vissuto come una realtà a sé stante. Credo che soltanto in questa maniera potremmo riscoprirci come persone in via di cambiamento, d'evoluzione in cammino verso una méta che noi stessi siamo in grado di decidere. Se non si riesce ad esser padroni di sé nei momenti di tranquillità, come potremmo esserlo nei frangenti più agitati o drammatici della vita?
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