Translate

mercoledì 20 ottobre 2010

Il Cremlino è là che mi aspetta

Mi trovo adesso nella vasta e lussuosa hall di un resort turistico, piuttosto vicino a casa mia. Ho scoperto che posso connettermi a internet da qua, risparmiando dunque la benzina per arrivare a Pisa o a Livorno. Davanti a me ho ore spensierate per mettervi al corrente di quel che l'autunno porta nei luoghi di mare; metafore d'incertezza, dubbi pleonastici sul domani che convalida lo ieri, freddate dovute a un abbigliamento esistenziale inadeguato, e poi cozze senza perla, livree d'argento, parole sconclusionate, discorsi ovvi.
Sto parlando in chat con Fernanda, che è stata a Mosca poco tempo fa. Mi suggerisce alcune destinazioni che dovrei includere nel mio vagare. Ma il tempo è poco: solo una settimana mi tratterrò in quella terra fredda che vanta una tradizione tanto lontana dal nostro Occidente. Intanto, il freddo è arrivato fin qui.
Mi viene da pensare che forse lo stesso freddo che sento in questa hall, vicino casa e vicino alla spiaggia tirrenica, sia una presentificazione (termine di cui i fenomenologi tedeschi hanno abusato, usandolo nella loro lingua fin troppo tecnicistica) del freddo russo, in cui presto verrò a trovarmi.
Vi è certamente una spiegazione scientifica, che i potenti strumenti modernissimi di rilevazione meteorologica possono fornire... Ma noi, che siamo eredi di una tradizione stilnovista, eredi di Dante e di Boccaccio, del Petrarca e dell'Ariosto, di una tradizione insomma che non ha nulla a che spartire col razionalismo europeo e con le sue escrescenze giacobine che nulla hanno dimostrato se non le inevitabili derivazioni violentemente irrazionali del culto della ragione, ecco, noi dobbiamo rifiutare tale scientismo che nega la poesia, e riaffermare le metafore potenti che danno un significato più profondo alle stagioni, come pure alle trasformazioni che osserviamo e percepiamo in natura, ai colori che si sfumano, al freddo e al caldo.
Che altro dire con ciò? Il tempo mi ricorda che i cinque euri che ho pagato erano relativi solo a tre ore di connessione internet. Il tempo, come è dunque evidente, rinvia a un medio che offre di sé una nuova interpretazione di rimando.
Il tempo: forse una metafora per circoscriverlo non c'è. Ma qui si parla d'altro, e cioé di quest'esperienza russa che m'attende, che in qualche maniera segna un limite, un punto di confine, e forse la conclusione del viaggio esistenziale che ho iniziato ormai molto tempo fa - già molto prima, probabilmente, del mio controverso soggiorno maltese.
Dietro alle banalità ci stanno cose che meritano la nostra attenzione, forse più di quanto noi ci si renda conto. Io credo fermamente che dietro all'asserzione "non esistono più le mezze stagioni" si celi un significato che si è perduto in età remote, forse per colpa di una retorica volgare e indegnamente filologica.
Questo discorso, che erroneamente mi svia al di fuori dell'orbita russa, è pur sempre pertinente al tema del blog, ossia la fenomenologia delle cose belle, che sono pur sempre belle perché significative.
Ma sul tema del limite prima o poi dovrò svolgere un'indagine approfondita, perché la sua ricchezza di sfumature non può certo esaurirsi in una pagina.

Marzio Valdambrini

Nessun commento:

Posta un commento