Mi trovo adesso in Irlanda, per l'esattezza geografica mi trovo in un McDonald, in un posto che nella lingua indigena si direbbe in the middle of nowhere.
Una proposta di lavoro mi ha portato ancora una volta lontano. Cosi', sui due piedi, sono stato chiamato a prendere una decisione coraggiosa. L'incertezza dell'avvenire mi ha spinto ad accettare l'ignoto.
Non avrebbe avuto senso domandarsi se ho fatto bene o male ad accettare, nel caso che tutto fosse rimasto com'era fino a una decina di giorni fa. Ma invece il senso la domanda ce l'ha, perchè decidendo di accettare e trasbordarmi fin qui ho consapevolmente posto la parola Fine su un'avventura umana ed esistenziale che forse avrebbe tessuto la mia vita con una fibra piu' forte, piu' consistente perchè fatta di un significato.
Non mi piace raccontare i fatti miei e in pubblico, e percio' restero' nel vago in proposito. Non diro' quale sia la passione che ho sacrificato. E neppure diro' di quel sentimento avvilente che ora mi assale, mentre dalla finestrona con la M del Mac vedo la tormenta che funesta il luogo in the middle of nowhere.
Vorrei parlare delle cose belle, che scopro ogni tanto quando guardo fuori e scopro un mondo di incanto e meraviglie. Adesso devo fare i conti con le necessita' - e soprattutto con la solitudine che queste necessita' comportano.
Volevo pubblicare un post relativo a un articolo di Alberoni pubblicato una settimana fa sul Corriere della Sera (che certamente ha a che vedere, seppure in maniera indiretta, con lo spleen del mio viaggio) ma l'imprevisto della partenza mi ha dirottato verso altre riflessioni.
Tutto trovera' la giusta collocazione in the matter of a while.
(La tastiera irlandese non conosce le vocali accentate. Mi consento percio' di usare l'apostrofo per supplire alla loro assenza)
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