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mercoledì 11 agosto 2010

Il tempo maltese e le domande per strada (1)

Dopo l'ufficio, nel pomeriggio, ho trovato ancora del tempo da buttare. Così ho percorso un tragitto, attraverso un sentiero di terra e asfalto tra la vegetazione mediterranea, lungo una fila di cactus e roba del genere. In questa maniera sono giunto alla palestra, dove mi sono iscritto per un mese. Vedrò così di conciliare il tempo secolare, che è qualitativemente indifferenziato, (ritrovo una considerazione di Charles Taylor nel libro che ho finito di leggere due giorni fa) e l'insoddisfacente varietà di svaghi che questa posizione mi offre.
Ho riflettuto ancora un po' su questa esperienza di stage. Forse non era la scelta da prendere; forse mi sarei dovuto comportare in altro modo. Insomma, col curriculum che ho, potevo trovarmi un lavoro serio anziché venir qua a sudare (per il caldo più che per la fatica) e ad imparanoiarmi per un lavoro che lavoro non è.
Ma chi ha la risposta a questo enigma, visto soprattutto che la domanda non so (e forse nessuno sa) come si formuli correttamente? Se mi domando: "Che lavoro potrei trovare in questo momento", allora mi sbaglio per una visione troppo minima; se mi domandassi "Che cosa mi piacerebbe fare", invece sarei tanto ingenuo da chiedermi qualcosa di troppo ideale e dunque astratto. Le domande intermedie non hanno un referente; e io non sono in grado di stabilire il futuro.
Prendere quello che passa, giorno per giorno, finisce per distruggere chi vuole sentirsi la terra ferma sotto i piedi.
Non ci credo alla modernità liquida, all'amore liquido, a tutte le cose liquide di cui un vecchio signore ha parlato. Credo che tutto sia solido; il tempo, il cuore, il lavoro. La struttura di ogni cosa è infatti solida, ma risente inevitabilmente di quel che noi ci infiliamo dentro. Ci mettiamo cose soffici e fragili, e tutto ci sembra ugualmente fragile. Se dipendesse solo dalle nostre intenzioni...
Ma sto andando fuori tema. Il blog vuole parlare di cose belle, e queste ancora si sfuggono.
Platone, nell'Ippia Maggiore, faceva dire infine a Socrate che "le cose belle sono difficili", e appunto, come non essere d'accordo, alla luce delle situazioni che ci avvelenano i pensieri sul mondo e su ogni cosa, come quelli che viviamo in una situazione come questa?
Niente lavoro serio, niente soldi, niente soddisfazioni artistiche. Le cose belle sono difficili... perché è difficile riconoscerle. L'incertezza ci porta alla confusione; non siamo padroni del nostro giudizio, quando siamo spinti a pensare in base a quel che vorremmo e non é, a quel che dovrebbe essere e non è, a quel che siamo costretti a fare e quel che ci sarà sempre precluso...
E così, dopo essermi iscritto in palestra, sono tornato a casa. Ho mangiato due piatti di pasta, e poi ho raggiunto Letizia e altri stagisti alla spiaggia di Sliema.
Erano già le sei, e tirava un venticello fresco che mi faceva sentire in pace con me stesso.
C'era meno gente del solito, forse perché i turisti hanno cambiato idea e hanno deciso di andarsene. (Frasi del genere ci stanno bene, per chiudere un post quando non si ha granché da dire. Non ricordo quello che volessi scrivere, quando ho iniziato a scrivere. Ma è vero, a quanto ho visto, che le cose più grandi si fanno senza avere idee in proposito... Insomma, sono discorsi da mezzanotte passata. Adesso è l'ora che mi sdrai sul letto maltese, e qui chiuda gli occhi).

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