Translate

venerdì 13 agosto 2010

Le stelle non le ho viste

Ho fatto la doccia, ho mangiato una specie di kinder delice, e infine ho accompagnato gli amici alla fermata dell'autobus. Sarei dovuto andare con loro a Valletta, dove un altro autobus ci avrebbe portati a Ta-Qali, ossia al parco nazionale maltese. Era previsto che avremmo guardato le stelle cadenti.
Da ultimo, però, alcuni pensieri repentini mi hanno fermato e mi hanno spinto a riflettere: perché cercare uno spettacolo così triste, com'è quello delle stelle che cadono? Il significato della morte, della caduta, dello spegnersi o del crepare, non va confuso con l'estetica dei luoghi comuni, che vuole "romantico" qualcosa che ha significato solo in riferimento a un qualche immaginario di riferimento. La fenomenologia dei sensi, prima di tutto, esige che le cose siano apprezzabili per quel che sono di per sé.
(Questa considerazione mi viene adesso spontanea, se avessi voluto cercare un alibi per il mio dietro-front, che m'ha fatto tornare poi a casa. Avevo anche un'altra motivazione, che trovo però giusto adesso tralasciare, perché poco adatta all'estetica del discorso).
Stavamo parlando delle stelle cadenti.
Mi torna in mente un passo del Paradise Lost di Milton, che lessi molto tempo fa. (Forse addirittura lo confondo con qualcos'altro, complice appunto la distanza che mi separa dalla stessa lettura). Qui, ricordo, si dice che le stelle importanti sono già cadute, e quelle che restano in cielo sono i pezzettini che quelle grosse, le stelle serie, hanno lasciato per aria al momento del collasso. Un altro poeta, meno lirico e forse ancor meno anglosassone, ha scritto che in cielo si vede risplendere la luce di stelle che sono esplose e percio' decedute da migliaia di anni, e solo con un enorme ritardo noi vediamo lo splendore a causa appunto dell'enorme distanza di anni luce che ci separa.
Le stelle cadenti mi portano a pensare questo, appunto: gli anni e la luce.
Alcuni anni fa avevo pensato di scrivere una poesia, ma poi mi è sembrata una cosa inutile. Ci sono già i tecnici che lo fanno di professione, e magari quel che loro dicono sollecita la fantasia molto più di quanto facciano i reveurs, cioè quelli che non si preoccupano di dimostrare la verità (e cioè l'inclusione in una rete di significati intrecciati e di circolare rimando).
Adesso sono le 13,25, si avvicina cosi' l'ora di chiusura dell'ufficio. Oggi pomeriggio andrò con Bina a vedere il quadro di Caravaggio che sta nella Cattedrale di Saint John. Cercherò di scrivere qualcosa in proposito, avendo finalmente un oggetto d'arte per il blog, che appunto vuol trattare di cose esteticamente importanti, piccole come un lapislazzulo o grandi come una cucina a incasso.

Nessun commento:

Posta un commento